Questo è il nostro libro dell’estate, mio figlio (che è tutt’altro che selvaggio) lo adora. Sono un’entusiasta e convinta volontaria di Nati per Leggere , posso dire, senza tema di essere smentita, di aver letto molti libri di letteratura per l’infanzia e di fondare la mia opinione su diversi termini di paragone. Nel Paese dei Mostri Selvaggi è sicuramente tra i miei preferiti in assoluto. Un capolavoro. Qui trovate un’autorevolissima recensione, qui un po’ della sua storia e dell’attesa per la nuova edizione. Molti hanno scritto su questo libro ed è con timore reverenziale che mi azzardo a scrivere quello che ci vedo io, oltre a quello che, in modo sacrosanto, ci hanno visto altri.
Uno degli aspetti che mi ha catturato fin da subito della letteratura per l’infanzia è l’estrema sintesi e semplicità con cui, in poche parole, immagini o metafore vengono dipinti aspetti complessi e difficili da spiegare della vita umana. Questo libro certamente non è esplicito come “Che Rabbia!”, ma arriva dritto alla pancia, dove si muovono le emozioni, in un modo che non passa attraverso la testa, o ci arriva molto dopo dopo essersi fermato più in fondo, nell’immaginario o nella ripetitività con cui ti viene in mente una sua espressione o una sua immagine, mentre fai qualcosa di ordinario con tuo figlio.
La letteratura scientifica ha profuso un’immensità di parole nel descrivere la Teoria dell’Attaccamento (e devo dire che nemmeno Wikipedia mi dà una mano a trovare parole semplici), ma rimane un argomento molto frainteso tra i più e molto tecnico per noi del mestiere.
In questo libro tutto comincia con la rabbia e il conflitto
E il conflitto si chiude, temporaneamente con una separazione, o con quella che, tecnicamente, chiamo demarcazione (dalle aspettative, dalle regole, da quello che vi pare). Questa è un’escalation, ovvero un contrasto in cui, ad ogni battuta, ogni contendente alza il tono un po’ di più per sovrastare l’altro. Quando la mamma ti toglie la cena (l’accudimento per eccellenza), che cosa ti resta da fare? Torni o te ne vai?
Max esplora.
Non è un viaggio fisico, fuori di casa. La foresta che cresce nella sua stanza e poi il mare sono un viaggio dentro di sè, fino ai confini della rabbia, della liberazione dalle regole, della libertà selvaggia, una distanza estrema e tutta interiore. Come accade per l’attaccamento, che non è solo una distanza concreta come quella del bambino che si allontana gattonando, ma è anche prendere strade diverse da quella dei genitori nella vita, quando si arriva al confine della distanza possibile, si avverte solitudine.
L’amore della mamma arriva come un richiamo ed è un richiamo olfattivo. Cosa c’è di più emotivo e di più materno del “profumo di cose da mangiare”? Cosa può risuonare di più nell’animo di qualcuno che legge?
E’ così che Max torna indietro, inizia un ritorno che sembra un accenno di Eneide.
Finito il suo viaggio torna in un posto che è un momento ed è un momento a cui tutti possiamo tornare sempre, anche quando i genitori non ci sono più, con la memoria.
E alla fine, il tocco sublime ed evocativo di concludere con una pagina bianca fatta così:
Buone grida selvagge a tutti! Specie se siete liberi e in vacanza 🙂